La raccolta affronta tutti gli aspetti del repertorio mandolinistico - dal barocco al contemporaneo, dalla trascrizione al composizione originale, dal ragtime alla canzone napoletana - al fine di evidenziare le possibilità espressive di un’orchestra a plettro.
Si apre con un brano di G. L. Cobb, “Russian Rag” (dal Preludio Op. 3 di Rachmaninoff) in cui il compositore si avvale di un ritmo inconsueto, ma ugualmente congeniale ad un’orchestra a plettro, tanto da indurre il maggior esponente del ragtime classico, S. Joplin, a comporre brani per mandolino.
In “Abendmusik” (Quattro canzoni) il tedesco K. Schwaen utilizza elementi stilistici del canto popolare, presentati sempre con armoniosità e raffinatezza.
Il napoletano R. Calace, che ha lasciato oltre 160 composizioni, fra cui quartetti, duetti e passi per mandolino, nella composizione romantica “Intermezzo” valorizza al massimo le caratteristiche espressive dell’orchestra a plettro, creando, con una sottile vena di malinconia, un particolare pathos melodico e sentimentale.
Di A. Vivaldi i due concerti in Sol minore RV 152 e in Re minore RV 565, con la loro scrittura in quartine di sedicesimi, bene si prestano alla tecnica mandolinistica. Nel secondo movimento del concerto in Sol minore, il basso è stato realizzato dal clavicembalo producendo un vero gioco contrappuntistico, mentre nel concerto in Re minore i soli sono stati raddoppiati e nel Largo ogni frase è stata affidata ad un diverso mandolino originando un contrasto timbrico di effetto.
Anche la canzone napoletana è entrata a far parte della grande letteratura mandolinistica: “Dicitencello vuie” di R. Falvo, viene proposta nel riadattamento del compositore bresciano G. Andreoli, che sfruttando le peculiarità del virtuosismo della chitarra e del mandolino, ha elevato lo stile tradizionale napoletano a forma d’arte raffinata.
Una menzione a parte merita il compositore tedesco S. Meier che in “Die vier Temperamente” utilizza impennate ritmiche e contrasti timbrici piuttosto inconsueti alla tradizione italiana. Va segnalato che con questo brano “d’obbligo” l’Orchestra ha ottenuto nel 1989 il Primo Premio al Concorso Internazionale di Kerkrade (Olanda).
Infine, il popolarissimo brano “Czardas”, del violinista napoletano V. Monti, sembra sintetizzare creatività ed arte, improvvisazione e folklore in una poetica che accresce ogni volta di più l’entusiasmo e l’approvazione di chi l’ascolta.