Anche questa edizione è una raccolta antologica che mette a confronto le anime del barocco e del contemporaneo.
Il primo brano, di F. Lecce (fine 700 – inizio 800), “Concerto in Sol per mandolino e orchestra”, presenta aspetti riconducibili alla settecentesca scuola napoletana e si sviluppa secondo una struttura semplice in cui l’esposizione da parte dei tutti si contrappone e reitera alla ripresa del solo. L’intera composizione è caratterizzata dal il gusto brillante reso dal pizzicato dell’orchestra, ad eccezione del Largo ove il sostegno dell’accompagnamento è reso con la tecnica del tremolo.
Nel “Concerto in Si b per violino e orchestra” di GB Pergolesi (1710 – 1736) la forma sonata si coniuga con uno stile contraddistinto dal più tipico “gusto galante” del compositore. Il brano, di cui lo strumento solista è l’indiscusso protagonista, si distingue per un piglio particolarmente vivace e per una aumentata rilevanza dell’aspetto armonico rispetto a quello melodico. La cadenza qui eseguita è stata scritta dal massimo esecutore italiano contemporaneo di mandolino, il maestro Giuseppe Anedda.
Nel Concerto per due chitarre ed orchestra a plettro di Hermann Ambrosius (1897 – 1983), attraverso una serie di tecniche spesso usate nella musica da film, viene raggiunto un risultato sonoro particolarmente morbido e pastoso; per altro la ricerca dell’autore va soprattutto nella direzione dell’arricchimento armonico, con l’uso di scale pentatoniche ed orientaleggianti, giocate sulla contrapposizione di diversi sistemi modali.
La “Suite in La minore” di G. F. Haendel (1685 – 1759), trascritta per orchestra a plettro da K. Wolki, composta originariamente per clavicembalo, si articola nei quattro classici movimenti di danza: allemanda, corrente, sarabanda e giga. Il terzo movimento, oggi conosciuto come uno degli emblemi del barocco, presenta una struttura a doppia frase il cui modello ebbe successivamente una grande fortuna, essendo confluito in numerosi movimenti lenti.
E. Angulo (1954) è compositore messicano contemporaneo autore di opere corali ed orchestrali e di brani da camera. Nella sua “Suite messicana op. 16 per orchestra a plettro”, costituita da cinque brani: jarabe colimeno, serenata, huapango criollo, vals, polka, sono tutti presenti i caratteri tipici della musica messicana: tinte forti, accenti e ritmo incalzante, estroversione e capacità espressiva. Sentimenti opposti, a volta gioiosi e festosi, si contrappongono ad altri nostalgici e melanconici.
Pensando alla musica come ad un linguaggio comune a tutti i popoli nella “Piccola suite per orchestra a plettro (preludio, valzer, samba, bolero, tarantella)” il compositore bresciano G. Andreoli (1949) fa convivere brani di eterogenea ascendenza musicale, unificati attraverso l’uniformità della scrittura compositiva e la precisa scelta timbrica dell’orchestrazione.
Infine A. Mormina (1954) nel suo “Sogni di acrobata” conduce l’ascoltatore attraverso sonorità inizialmente familiari che, come un passaggio dalla veglia al sonno, via via si trasformano, componendosi in spazi sonori originali e complessi in cui le strutture mimiche e polifoniche fanno da elementi portanti